Di Bartolomei

DIBARTOLOMEI

Di Bartolomei, Acrylic on canvas, 20X20, London UK May 2012

“Mi sento chiuso in un buco”.
30 maggio 1994. Erano passati esattamente 10 anni da quella disgraziata finale di Coppa Campioni contro il Liverpool che la grande Roma di Conti, Pruzzo, Falcao, Cerezo, Graziani, Ancelotti e, in panchina, Nils Liedholm, aveva perso di fronte al proprio pubblico: una disfatta amara, amarissima, che lo stesso allenatore dei Reds, Fagan, riconosceva. Di quella Roma, Agostino di Bartolomei era il capitano. Un capitano amato dai propri tifosi, temuto dagli avversari, rispettato dai tifosi delle altre squadre. Un leader in campo e fuori, un esempio di “bandiera”.
Il vertice che finalmente la Roma toccava, l’aveva costruito per buona parte lui: il primo di tanti tasselli che il presidente Viola aveva pazientemente aggiunto per dare alla citta’ quelle vittorie mai assaporate. E che erano sul punto di concretizzarsi quel 30 maggio li’, nello stadio di casa, davanti ai propri tifosi, trasformato in una sorta di lavacro per purificare anni e anni di amarezze e scudetti persi per un soffio.
E invece, in una decina di minuti, ristretti in undici metri, e’ tutto finito.
Al termine della stagione, in cui la Roma vince comunque una Coppa Italia, Di Bartolomei lascera’ i giallorossi per seguire Liedholm al Milan. Ma e’ chiaro che da quel maledetto 30 maggio la vita di Di Bartolomei e’ cambiata. La vittoria piu’ ambita a un passo, lo scoramento di milioni di tifosi, l’aver capito che quell’occasione difficilmente si ripresentera’: macigni da ingollare ogni giorno. Al Milan le cose non vanno granche’ bene e dopo tre stagioni, con l’avvento di Berlusconi, Di Bartolomei viene ceduto al Cesena. Dalla lotta per lo scudetto e nelle coppe a quella per la salvezza: un passo indietro enorme, in cosi’ poco tempo. Ulteriore beffa: il Milan che ha lasciato comincia a vincere tutto. Dopo il Cesena, la Salernitana, che Di Bartolomei contribuisce a far crescere e salire in Serie B. Poi, i riflettori si spengono. Durante i Mondiali del 1990 affianca il telecronista in alcune partite ma il mondo del calcio pare sempre piu’ lontano, sempre piu’ respingente nei suoi confronti. “Mi sento chiuso in un buco”, scrisse nel messaggio lasciato alla sua famiglia prima di spararsi al petto. 10 anni dopo quella disgraziata finale. Probabilmente ne aveva anche altri di problemi, ma la decisione di farla finita lo stesso giorno di quella disgraziata finale e’ un segnale chiaro di quanto quel giorno sia per la Roma e i Romanisti un ferita enorme che la morte di Agostino Di Bartolomei mantiene aperta.

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